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Una pagina bianca. È ciò che ci troviamo davanti oggi.

Durante e dopo il Covid per tutti è e sarà un po’ così. Non significa che non ci sia stato nulla prima. Semplicemente la vita a cui eravamo abituati non la riavremo per diverso tempo.

Basti pensare alle restrizioni che ci impediscono di incontrare gli amici. Ai limiti con cui dobbiamo avvicinarci ai familiari. Pensiamo ai nostri volti coperti dalle mascherine; a stento ci riconosciamo, dunque difficilmente ci salutiamo.

Per la prima volta dopo tempo siamo tutti simili. Siamo a bordo della stessa barca. Più o meno. 

Globalmente poi la questione si complica e la barca non è la stessa, per niente.

L’incertezza che abita le nostre giornate, la precarietà di un lavoro che fa fatica a ripartire, l’impossibilità di raggiungere luoghi abituali e gli affetti, sono strumenti con cui la nostra fragilità si è mostrata.

La paura di qualcosa che non conosciamo ci fa sentire piccoli.

Ecco: incertezza, precarietà, impossibilità, fragilità e paura, sono parole che per tanti, almeno in apparenza, scompariranno insieme a questo nemico invisibile che è il virus, per altri, altrettanti direi, il Covid è solo una prosecuzione di quello che quotidianamente vivono.

Questo non è un discorso retorico sui limiti, tutt’altro. Non è nemmeno un sermone sulla fortuna che hai che non ti sei meritato.

È un tentativo di seduzione.

Un cercare di attrarre lo sguardo su chi, questa vita, che ci ha profondamente annoiato per due-tre mesi, la sopporta da sempre. Eppure ci sarebbero un sacco di cose che potremmo fare.

Siamo fatti per adattarci e lo abbiamo visto. Ci sono persone che hanno tirato fuori idee ogni giorno per rendere la quarantena più vivibile, per trasformarla in trampolino di lancio per nuove attività o modi alternativi di condurle. Certo ci vuole tempo per creare, per avere idee, ci vuole denaro a volte. Ma le cose migliorano. In quanti hanno cominciato a “fare” non sapendo se avrebbe funzionato?

Al quintetto delle parole tanto brutte di prima dunque ce ne aggiungerei un’altra frutto di questo lockdown, o forse sua reale prerogativa: opportunità.

Ci siamo accorti che la vita è più bella vissuta insieme (lo davamo per scontato), che le barriere ci sono non per essere constatate ma per essere abbattute con ingegno. Ed ora che corriamo un pochino meno, e non sapremo per quanto avremo questa grazia, possiamo ampliare le nostre vedute, accorgerci degli altri e camminare nel presente con lungimiranza.

La pagina bianca che ci troviamo davanti può essere riempita di fatti concreti che un giorno ci faranno dire che dopo il Covid le cose sono migliorate. Non tornate come prima, rese migliori.

Prendetevi questi giorni ancora rallentati per domandarvi dove potreste fare la differenza, anche poca. Aver sperimentato quello a cui i “meno fortunati” devono costantemente resistere, speriamo ci abbia fatto suonare un campanello in testa, una domanda: “io posso fare qualcosa per migliorare la vita di un altro?”.

La risposta è sicuramente si.

Allora apriamo gli occhi, guardiamoci intorno, decidiamo di investire (tempo? denaro? forze?) in qualcosa in cui non sapevamo di desiderare di credere.

Il nostro territorio è gremito di associazioni, fondazioni e realtà composte però da troppe poche persone che si spendono per l’altro. Alla domanda appena posta lascia che ti rispondano loro.

L’Italia, come altri paesi, avrà bisogno di rialzarsi e possiamo scegliere se continuare a lamentarci, anche avendo ragione, o iniziare a porre le basi per un futuro il cui centro sia il bene comune.

Lo posso fare io, non un altro. Il tempo è oggi, non domani. La penna per scrivere su quella pagina bianca ce l’abbiamo tutti. Il Bel Paese sarà ancora più bello con il tuo ingegno.

“E sai cosa significa essere un uomo di ingegno? Significa avere coraggio, libertà di pensiero, ampiezza di vedute… Pianta un alberello e già si immagina che cosa uscirà da quell’alberello di qui a mille anni, già sogna la felicità del genere umano.”  Anton Pavlovič Čechov


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